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GLI AMANTI TIMIDI 59

Arlecchino. Oh! (resta sorpreso e confuso) la perdona.

Camilla. Vi occorre qualche cosa? (confusa)

Arlecchino. Gnente.

Camilla. Mi ha parso che abbiate pronunciato il mio nome.

Arlecchino. Può esser, perchè el xe1 un bel nome.

Camilla. (Eppure mi lusingo ancora, che s’io mi spiegassi... ma è tardi, non è più tempo). (da sè)

Arlecchino. (Xe impussibile che la sia capace de aver scritto una lettera cussì cattiva... ma se non fusse cussì2, Carlotto saria un gran galiotto). (raccoglie un altro pezzo di carta)

Camilla. E che cosa raccogliete di terra?

Arlecchino. I avanzi de certa lettera.

Camilla. Di una lettera? E di chi era questa lettera?

Arlecchino. No so chi l’abbia scritta; ma so che la vegniva a mi.

Camilla. Era una lettera di qualche donna? (agitata)

Arlecchino. Siora sì, de una donna.

Camilla. Di una donna! (prende un pezzetto di terra) (Ah! sì, è la mia lettera, la conosco). (da sè) Fate dunque sì poco conto delle finezze e delle lettere delle donne? Le stracciate, le disprezzate, le calpestate in tal modo? (sdegnata)

Arlecchino. No son sta mi veramente che l’ha strazzada.

Camilla. E chi dunque?

Arlecchino. Un mio amigo... (ironico)

Camilla. E voi avete la debolezza di confidare agli amici le cose vostre? Di confidare una lettera di una donna? Siete un indiscreto, un imprudente; non conoscete i favori, e mostrate non meritarli. (con caldo)

Arlecchino. Siora Camilla, ve scaldè tanto per sta lettera... Disème per grazia, per finezza: saressi vu quella che l’ha scritta?

Camilla. Io?... no, non l’ho scritta io sicuramente... no, non l’ho scritta io.

Arlecchino. Ma per cossa dunque ve scaldeu in sta maniera?

Camilla. Perchè so chi l’ha scritta; perchè conosco la giovane

  1. Pasquali: perchè xe ecc.
  2. Pasquali e Zatta: così.