Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1923, XXII.djvu/96

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88 ATTO SECONDO


e questo no me dà troppo gusto. Sto zardin delle Tuglierie el xe grando co fa un paese. Quei do francesi l’ha tolta in mezzo. I corre che el diavolo i porta; i ho persi de vista, e no so dove andarli a cercar. Pazenzia, o presto o tardi la troverò, ma sta cossa la me despiase un pochetto. Son avezzo a star sempre con ella. No voleva lassarla andar co nissun, ma in sto paese no ghe vol zelusia. Me preme de farme onor, e bisognerà sopportar. Son stracco, xe caldo, me senterò1 un pochettin. (siede) Manco mal che ghe xe sto comodo de ste careghe2; starò qua; se capitasse mai mia muggier... Sento zente. Donne! donne, per diana, donne! (si alza) Manco mal che no ghe xe mia muggier. (passeggia)

SCENA II.

Madame la Fontaine, mademoiselle Palissot ed il suddetto.

La Fontaine. Aspettiamo qui mio marito. Egli è solito passeggiare da questa parte.

Palissot. Oh se troviamo vostro marito, vuò che ci paghi la colazione. (prendono due sedie, le mettono nel mezzo e siedono. Arlecchino passeggia davanti di loro su e giù, cantuzzando sotto voce e facendo il galante.)

La Fontaine. (Chi è mai questo sguaiato?) (a Palissot3)

Palissot. (Mi par forastiere). (a la Fontaine)

Arlecchino. Me permettele che abbia l’onor de sentarme?

La Fontaine. Il luogo è pubblico; vossignoria non ha bisogno di permissione.

Arlecchino. Grazie alla so bontà generosa. (prende una sedia, e siede vicino a Palissot)

Palissot. Ma il luogo è grande; ella starebbe più comodamente se si tirasse un poco più in là. (scostandosi con la sedia)

Arlecchino. El più bel comodo del mondo xe l’onor della so vicinanza. (a Palissot, avvicinandosi ancora più)

  1. Sederò.
  2. Sedie.
  3. Così nel testo.