Pagina:Gozzi - Memorie Inutili, vol 1, 1910 - BEIC 1837632.djvu/27

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PROEMIO

Se credessi d’essere un uomo la di cui vita contenesse delle imprese considerabili, da gran santo, da gran soldato, da gran giurisconsulto, da gran filosofo e in fine da gran letterato, non averei certamente la folle ambizione di scrivere di mio pugno delle memorie intorno a quella e di pubblicarle.

Lascierei quest’uffizio a’ romanzieri, che cercano di far maravigliare de’ lettori, o a de’ zelanti che proccurano di dare degli utili specchi d’esempio alle posteritá.

Ho veduti troppi uomini, non privi affatto di qualche buon attributo, rendersi ridicoli, perdere ogni merito, e tirarsi addosso delle sciagure per una stolta gigantesca presunzione che hanno di loro medesimi.

Costoro, accecati dalla superbia, si vestono d’un comico noli me tangere, che gli fa aombrare come puledri viziosi.

Se per avventura si degnano di credersi in necessitá di fare a se stessi un’apologia, non sanno farla che col dipingersi semidei, col chiamare due terzi del mondo invidiosi della lor gloria sognata, e con delle velenose invettive e degli infami scellerati libelli, suggeriti da una fantasia riscaldata, che gli fa travedere contro al prossimo, il quale non cade bocconi prostrato a terra innanzi al faceto loro: noli me tangere. Gli elogi che hanno la clemenza di fare a qualche persona sono pochi, perché poche furono le persone degne de’ lor panegirici; e sono quasi sempre diretti a’ sciocchi, che gli ammirarono, e a’ vigliacchi che gli adularono.

Lo studio maggiore ch’io abbia fatto fu quello di formare un processo continuo a me stesso, di rintuzzare quel petulante