Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/188

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iGi Donqae vi sodo, per Toggetto e per il dativo, due for- me; cioè, per V oggetto, io o ili Ar, gli o li^ le; e lui, /e/, loro; per il dativo, gli^ le^ loro; a lidi a lei^ a loro. APPLfCAZlONB — I. Io i^amo sopra ogni altra cosa. B« 2. La gioQfine cominciò non meno ad amar lar^ che egli amasse lei. fi, 3. Mai non le dirò villania. B. 4* f^ metto a LEr^ non a w.F. La stessa teorica stabilita per li nomt personali si ap- plica a qaesti pronomi. Se il verbo non ba sotto di se più di un oggetto o di un dativo, si fa uso di /o, la^ gli^ le, per r oggetto, e di g//, /e, ìoro^ pel dativo; se due oggetti o da- tivi, relativi a persone diverse, dipendono dallo stesso vèr- bo, si osa lui^ leii loro, per V oggetto, e a kiii a lei^ a loro^ pel dativo; e ciò per dar maggior valore ai pronomi sai qua- li cade, a cagiondel confronto delle persone, là maggior forza deir espressione. I. Egli dice che io ho fatto quello che ro credo che leu abbia fatto bgu. B. a^ Fbi dovete sapere che egli è mito malagewle a me il tro^are mille fiorini. B. 3. Ma/- donna i egli non darebbe esser marasmi glia ad alcuno savio che io amii specialmente voi^ però che voi il ^alete. B. 4«  ^^i fu guatato lungamente i prima che alcuno potesse ore-- dere che *t fosse desso. B# 5. Gir è téco cortesia esser vii-- Idno. Ariosto. Quantunque ambedue gli agenti egli alla fine del prl- nio esempio adoperino, quando se ne volesse trarre uno , Bisognerebbe lasciarvi l'ultimo; per ciò che si mette gene- talmente il secondo agente dopo il verbo, quando M sbn <lue in co ofronto; e tutti dioq quelli che stanno in opposi?- 2ione si vogliono esprimere. /