Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/312

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verbio, ma il caso, l’avvenimento, il cui concetto si esprime per la congiunzione; l’idea di quantunque essendo, e quantunque pure avvenga che. Fo manifesti questi errori acciò che si vegga la necessità di questa nostra analisi degli avverbii e delle congiunzioni, per via della quale solo si viene a concepire le idee comprese nelle parole; e quindi ad assegnare ad esse il loro giusto ufficio.

INFINO, INSINO, PERFINO, SIN, SINO


I. Tanto rancore mostrò Tiberio contro a Sereno vecchio, per avergli scritto, SIN quando fu dannato Libone: solo esso averlo servito senza frutto. Dav.2. O, toi, se ogni gatta vuol il sonaglio! INSINO alle monache voglion far le commedie. G. 3. Senza la varietà, PERFINO i piaceri mutan natura, e si trasformano in dispiaceri. Bart.

Questi vocaboli li abbiam veduti nelle preposizioni da noi dette composte, perchè si compongono di in o per, e fino e seno; e servono a disegnare una posizione stante in estrema parte, o nel seno di un dato spazio. In questi esempj essi sono adoperati, nel primo a portar l’immaginazione indietro indietro, quasi in punto estremo di un dato tempo; nel secondo e nel terzo intendono a notare estremità di specie di persone e di cose; cioè che le monache sono l’ultima specie di persone che si crederebbe avere a far le commedie; e i piaceri l’ultima specie di cose che avesse a mutarsi in dispiaceri senza la varietà. Così passan le parole dal concreto all’astratto; ma bisogna rintracciarle indietro sino alla loro origine, quando si voglia definire il lor valore e provare che siano usate a proposito. In questo ultimo senso, equivalente di anche, non credo che si trovino in alcuno dei Tre, nè che i vocabolarj ne faccian motto; e però