Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/377

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35o verbi essere e were a supplire i tempi composti di qualunque modo; il qual modo si distingue per rausiliario. L^uno di questi tempi è il preterito perfetto, il quale si esprime con l’ausiliario in tempo presente; perchè o accenna azione appena Gnita all’atto della parola, o solamente passata, senza disegnar tempo alcuno. Resta ora a sapere se, quando il participio, o la forma di esso, è preceduta dal verbo oi^ere, si debba con l’oggetto del verbo, come nel 3. esempio, accordare, o non si debba; e perciò che quelle regole che ho stabilite in questa grammatica le ho tutte fondate sopra gli autori, mi bisogna confessare che questi non mi forniscono alcun mezzo a risolvere la- presente quistione; ma bensì la* scian in nostro arbitrio Tusare Tuno o l’altro modo; perciò che Tuno e Faltro modo è adoperato da loro senza intenzione alcuna di differenza, come si discernè ne* quattro esposti esempj. Quindi io avviso che si possa dire del pari: tìxjppi danari as^te speso o a^ete spesi; che cosa è questa che ina^ vete fatto f o fatta mangiare; io ho ricette o ricewio leite^ re; e anche io as>esfa quella pietra trosKtta o trouato. E non mi pare che la virtù del participio passato si moti in alcun modo,, perchè questo consuoni con 1* oggetto. Dunque il participio passato accompagnato da avere si può così bene accordare con l’oggetto, come non accordare; il che è punto di armonia e non di logica. I. Poi che costoro ebbero l’arca apbbta e ptryrEL" Lu4TA^ caddero in quistione chi vi dovesse entrare. B«2. Io avea già i capelli in mano AvyoLTi^ e t batti glie ne avea più d* una ciocca* D. 3. Le virtù, di quaggiù dipartitesi, hanno i miseri viventi nella feccia de"" vizj abbandona^ TI. B- 3. Un lavoratore di questa donna aveva quel dì due sue pecore smarrite. B,