Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/378

Da Wikisource.

35i Nel primo esempio e nel secondo sono casi io cui il participio si può dire partecipare dell* aggettivo, perchè aperto^ puntellato^ e av^oUo^ possono essere anche aggettivi; e ciò intendendo, è meglio che dire, ebbero Forca aperto e puntellato’^ nè manco direi / capelli in mano aivoltOm II terzo esempio mostra che questo accordo del participio con l’ oggetto dipende qualche volta anche dal gusto. Per esempio io porrei anche abbandonato, quando questo participio fosse messoi non che avanti Toggetto, ma solo immediatamente dopo; cioè Via/tno i miseri diventi abbandonato nella feccia de* s^izj; per la ragione che qui il verbo adopera ancora riofluenza sua in sa l’espressione nella feccia de^ vizj là dove, quando è posto il participio alla fine della frase « partecipa più dell’aggettivo che del verbo agente, per lo poco uso che fa della sua influenza. Nel quarto esempio, non per altro che per motivo del suono, mi pare che, stando la trasposizione come è, smarrite sia migliore di smarrito. I • Essi non potei^ano sapere chi fossero stati coloro che iLiPiTA l’as^esHino. B. a. Ce la farò dipingere in maniera che^ nè f0i nè altri potrà più dire che io non T abbia mai coNosaaTji. B«3. /o non ho sapute queste cose daivici^ ni; egli medesimo me le ha dette. B. 4* Ella medesima me le ha RECATE. B« II solo caso in cui forza è che il participio passato preceduto dal verbo avere s* accordi con Toggetto del verbo, si è quando l’oggetto è rappresentato da un pronome, come in questi quattro esempj; e tanto piti quando il pronome porta l’elisione; perciò che allora la sola terminazione del participio può distinguere se il pronome è mascolino o femminino, singolare o plurale. In questo accordo del participio