Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/394

Da Wikisource.

367 fossi voluto andare «non nd sono potuto levare t conobH costui essere sapido uscire^ perchè andare^ leiHWsif e r^scire^ si debbono accompagnare con essere La ragione è che i detti quattro participi sono pure aasiliar j quando stanno davanti a un altro verbo; e però, in tal caso, essere ed avere dipendono dal verbo che è in infinito. Molti errano in questo riguardo; ed è facile l’errare, per essere l’orecchio pili assuefatto a udire non ho potuto, non hanno pohao^ ecc., che non sono potuto, non sono voluti; il nume«ro de’ verbi coniugati con avere essendo senza comparazione maggiore di quello degli altri • La piena costruzione del 5. esempio è se farlo potuto avesse; ma egli è regola che, se in questi modi di espressione Tinfinito è sottinteso, avere e non essere deve star per ausiliario. Nel «sesto esempio la. trasposizione di esser avanti a voluto ha fatto dire al Boccaccio aveva e non era esser voluto^ che sonerebbe male. Il Perticari ha detto. Considerandole come piante forestiere che non hanno potuto venire innanzi. Secondo la presènte regola doveva dire, non sono potute venire; pure se ne tro« vano esempj anche nel Davanzati: Nè io ho potuto doler* MI di voi f nè voi di me. Non hai potuto parer maligno. I. Chiunque la porta sopra di se, non t ceduto da alcuno dove non è. B.: i* Egli allora fece vista dimandare a dire alfalbergo che non rosss atteso a cena. B. 3. Fu MANDATO con buonu guardia alla casa a patir penitenza del peccato commesso. B. Finalmente per questi esempj vediamo che tutti i verbi d’anione, fuor che quelli de* quali facemmo un cenno a carte 359, ^^ ^^^ azione non^ passa in alcuno oggetto; tutti gli altri, dico, diventano verbi di stato quando sono adope* /