Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/424

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397 stione, fa mestieri distinguere le proposizioni nelle quali entra l’infinito onde si tratta. Di tre maniere infiniti abbiamo trattato ne* qui precedenti paragrafi» L* una è espressa per gli esempj 8 e 9 posti a carte 386; e in quel caso non si vuol mettere nè agente nè oggetto innanzi all’infinito; onde, come che paia al Bartoli che quel credeuami, io saper coniare da lui proposto suoni bene ali* orecchio suo, al mio suona meglio io mi credexHi saper cantare^ quantunque per transposizione anche la prima forma sia buona, leggendo credey^ami io^ sa^ per cantare; ma il Bartoli non Tintende cosi; ed erra. L*agente posto in crederei io mai poter della pag. 386 non appartiene già airinfinito, ma a crederei. £se talvolta in questo caso a dinotar confronto di persone si fa uso dell’agente, questo si pon sempre dopo Tinfinito; per esempio: Nel^ la quale speranza portai che^ se Ormisda non la prendesi se, fermamente dos^erla as^ere egli; Deliberai di non pò/ere, se la fortuna m* è stata poco arnica^ essere io nemica di me medesima. B» In questo primo caso adunque, cioè quando l’infinito e il verbo che lo precede sono sotto il governo della medesima persona, Toggetto non può aver luogo* Tra fermamente e dateria si sottintende speraw. Il secondo ò quello della maniera latina ricordata a carte SpS, allor che l’infinito è posto in vece dell’indìcativo; e una tal maniera sarà sempre più gradita ali* orecchio ove si usi in proposizioni che i due verbi sian retti da due diverse persone; ma, quando sia la medesima persona che li regga tutti a due, sarà meglio adoperare Tindicativo. Onde, è rero che i due esempj del Boccaccio prima allegati si potrebbero esprimere cosi: Mi conterrebbe essere laudatore^ per la ragione