Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/471

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444 DELLO 8T1LK DI DaNTE K DSL PfiTRARCA Ogni vocabolo è bello, adoperata a tempo e luogOi se* condo la qualità della composizione onde esso fa parte; par cbe appartenga alla lingua nella quale si parla e si scrive; poi» a formare il bello, concorre Tarte di collocar le parole, e la squisitezza delle locuzioni» Gran prova di superiore ingegno 9 in prima io prima» è il creare nuovi vocaboli die sian calzantii intelligibili, e accetti» che facciano impressìo* ne in chi legge; ma la maggior bellezza la danno alla lingua i concetti; e io ciò Dante è sovrano. Io voglio produr qui 37 versi con li quali egli comincia il XVII del suo Purgatorio, e analizzare le bellezze che contengono. Ho preso questo canto, non perchè sia un de* più belli; ma a caso, quello che mi capitò sott* occhio aprendo il volome; e primieramente voglio disingannare que* tanti che dicono, perchè non han letto, che dalla lingua usata da Daote poco niente si possa imparare per scrivere in prosa; che le parole sono antiquate, o troppo studiate o alte, o di difficile intendimento; e voglio dimostrare che, in 27 versi, non soo più che tre voci di che non si possa far uso nel parlar famigliare, tanto ognuna per se, tolta dal verso, è semplice, e naturale, e notissima; e che tutta Tarte e lo ’ngegno del Poeta sta nella applicazion poetica de* vocaboli, nelF uso frequente della metafora, e delle altre figure» in somma ne* concetti. HicordUif lettor f se mai nelFalpe Ti colse nebbia^ per la qual vedessi Non altrimenti che per pelle talpe i Come^ quando i uijpori umidi e spessi A diradar cominciansi^ la spera Del sol debilemente entra per essii