Pagina:Grammatica filosofica della lingua italiana.djvu/497

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470 coDgiuDsione per variare con quantunque^ benchè^ sebbe" ne • Bello idiotismo è il duro gli paresse^ il quale non saprei meglio rendere cbe per gli fosse grwcì e il pi si conr dusse in luogo di vi consentì. Essendogli ad una festa sommamente piaciuta una giovane del paese ^ e quella con ogni studio seguitando» Lo dica un poco un moderno questo con ogni studio^ di costoro che si mettono a scrivere e pubblicare, essendo ancora all’abbiccì dello stile, senza il rimanente corredo, e farà ridere. Voglio dire che questi romanzieri e scrittori di commedie gittan talvolta qua e là qualche buona voce od espressione, e par loro di toscaneggiare, e ne fan pompa; ma standosi quella in mezzo di tante altre o lombarde o francesi o di nessun paese o valore, rende il loro stile ancor più da scherno. Di che ella in tanta tristizia cadde^ e di quella in tanta iray e per conseguente in tanto furor trascorse^ cAe, rivoltato l’amore il quale al marito portava in acerbo odio ^ accecata dalla sua ira, s* avvisò con la morte di lui l’onta che ricever t era parato vendicare. Ecco un periodo di perfetto stile, e di mirabile espres-* sione ed armonia, la cui maggior bellezza consiste in quel verbo posto alla fine; con ciòi sia cosa che leggendo questo tratto, si vada sempre incalzando la voce e la enfasi, ed investendosi del sentimento delle parole, s* arrivi al fine con tal foga ed impeto, che v* abbisogna d*una voce la quale ciò possa comportare; e si termini il periodo ch^è stato sospeso con un vocabolo che più prema, ed esprima un^idea principale. Però dico che a tempo e luogo il porre così il verbo alla fine è tra le belle cose. Di die e onde come già di