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Pagina:Grammatica italiana, Fornaciari.djvu/366

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332 parte quarta — cap. iv


ovvero

Soccórri alla mia guèrra
Bench’io sia tèrra e tu del cièl regína

ovvero:

E si lágna intórno al nído
Dell’infído cacciatór.

In fine dei versi la rima può essere anche tronca o sdrucciola; p. es.:

Quíndi fú che a lèi mancò
L’equilíbrio e rovinò

ovvero:

Vedèndo il cièl già le sue stélle accèndere
Ciascún s’affrétta a lácci e réti tèndere.

La pronunzia diversa di una stessa vocale o consonante non impedisce la rima, come già abbiamo notato alla Parte I, cap. ii, § 21, e cap. iv, § 14 nota e 18 nota.

I versi sdruccioli, alternati coi piani ed i tronchi, non sogliono aver la rima, bastando il loro suono medesimo a farne avvertire la corrispondenza.

La rima può cadere anche su due parole di ugual suono e forma, purchè differiscano nel significato, p. es. púnto (di spazio) e púnto (da púngere).


§ 4. Le rime sogliono esser disposte coi sistemi seguenti, che noi indichiamo colle lettere dell’alfabeto.

Due rime possono stare:

1. come rima accoppiata, aa, bb, cc, ecc.
2. id. alternata, a b a b, ecc.
3. id. chiusa, a b b a.

Tre rime possono stare:

come rima rinterzata, abc, abc o in qualunque altra combinazione delle tre rime, p. es. abc, cba ov-