Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/321

Da Wikisource.

314 QUADERNO 3 ^XX) viene elevato a titolo di distinzione. A proposito di Vittorio Emanuele II ricordare un aneddoto riferito da Ferdinando Martini nel suo libro postumo di memorie: racconta, su per giù (vedere) che Vittorio Emanuele dopo la presa di Roma disse che gli dispiaceva non ci fosse più nulla da «piè» (pigliare) e ciò a chi raccontava l’aneddoto pareva dimostrare che non ci fosse stato re più conquistatore di Vittorio bis Emanuele2. | Si potrebbe dare dell’aneddoto tante altre spiegazioni, e non molto brillanti. Ricordare epistolario di M. D’Azeglio pubblicato dal Bollea nel « Bollettino storico subalpino »3; quistioni tra Vittorio Emanuele e Quintino Sella4. Ciò che mi ha sempre stupito è che si insista tanto nelle pubblicazioni tendenti a rendere popolare la figura di Vittorio Emanuele sugli aneddoti galanti in cui alti funzionari e ufficiali andavano nelle famiglie a convincere i genitori di lasciar andare delle ragazze nel letto del re, per quattrini. A pensarci bene è stupefacente che queste cose siano pubblicate credendo di rafforzare l'amore popolare. «... il Piemonte... ha una tradizione guerriera, ha una nobiltà guerriera...». Si potrebbe osservare che Napoleone III, data la «tradizione [guerriera]» della sua famiglia, si occupò di scienza militare e scrisse libri che pare non fossero troppo malvagi per i suoi tempi. «Le donne? Già, le donne. Su tale argomento egli (Cavour) andava molto d’accordo col suo re, benché anche in questo ci fosse qualche differenza. Re Vittorio era di molta buona bocca come avrebbe potuto attestare la bella Rosina, che fu poi contessa di Mirafiori » e giù di questo tono fino a ricordare che i propositi galanti del re alla corte delle Tuglieri (sic) furono cosi audaci «che tutte le dame ne rimasero amabilmente atterrite. Quel forte, magnifico Re montanaro!». «Cavour era assai più raffinato. Cavallereschi però tutti e due e, oserei dire, romantici (!!!)». «Massimo d’Azeglio... da quel gentiluomo delicato che era...». L’accenno del Panzini di cui parlo a p. 105 come di cosa che non si può comprendere senza aver letto il commento del « Resto del Carlino » si capisce, dopo aver riletto la seconda puntata della Vita di Cavour («Italia letteraria» del 16 giugno): questo brano: «Non ha bisogno di assumere atteggiamenti specifici. Ma in certi momenti doveva apparire meraviglioso e terribile. L’aspetto della grandezza umana 20 è tale da inldurre negli altri ubbidienza e terrore, e questa è dittatura pili forte che non quella di assumere molti portafogli nei ministeri». È incredibile come una tale frase sia potuta sfuggire al Panzini ed è naturale che il «Resto del Carlino» l’abbia beccato: il Panzini nella sua lettera scrive: «Quanto a certe puntate contro la dittatura, forse fu errore fidarmi nella conoscenza storica del lettore. Cavour, nei 1859, domandò i poteri dittatori assumendo diversi portafogli, fra i quali quello della guerra, con molto scandalo della allora quasi vergine costituzionalità. Non questa materiale forma di dittatura indusse ad obbedienza, ma la dittatura dell’umana grandezza di Cavour»6. «... la guerra d’Oriente, una cosa piuttosto complicata, che per chiarezza di discorso si omette». (Si afferma che Cavour è un grandis-