Pagina:Gramsci - Quaderni del carcere, Einaudi, I.djvu/350

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1930: (miscellanea) 343 tutto sarà cambiato, cioè si potrà parlare di letteratura popolare solo per metafora) e non si pone il terzo problema del perché non esista una letteratura popolare artistica. I giornali non si propongono di diffondere le belle lettere: sono organismi politico-finanziari. Il romanzo d’appendice è un mezzo per diffondersi tra le classi popolari, ciò che significa successo politico e successo commerciale. Il giornale cerca perciò il romanzo, il tipo di romanzo, che piace al popolo, che farà certamente comprare il foglio continuativamente. L’uomo del popolo compra un solo giornale, quando lo compra: la sua scelta non è puramente personale, ma di gruppo famigliare: le donne pesano molto nella scelta e insistono per il bel romanzo interessante (ciò non significa che anche gli uomini non leggano il romanzo, ma il peso maggiore è nelle donne): da ciò deriva il fatto che i giornali | puramente 36 politici o d’opinione non hanno potuto mai avere una diffusione grande: essi sono comprati dagli scapoli, uomini e donne che si interessano fortemente della politica e da un numero mediocre di famiglie, che pure non sono dell’opinione generale del giornale che leggono. (Ricordare alcuni giornali popolari che pubblicavano fino a tre romanzi d’appendice, come il «Secolo» di un certo periodo). Perché i giornali italiani del 1930, se vogliono diffondersi, devono pubblicare in appendice i romanzi d’appendice di un secolo fa? E anche i romanzi d’appendice di un determinato tipo? E perché non esiste in Italia una letteratura «nazionale» del gener^J Osservare il fatto che in molte lingue «nazionale» e «popolare» sono quasi sinonimi (in russo, in tedesco «volkisch» ha quasi un si- • gnificato [ancora] più intimo, di razza, nelle lingue slave in genere; in «, francese ha il significato stesso, ma già più elaborato politicamente, legato cioè al concetto di «sovranità»; sovranità nazionale e sovranità popolare hanno valore uguale o l’hanno avuto). In Italia gli intellettuali sono lontani dal popolo, cioè dalla «nazione» e sono legati a una tradizione di casta, che non è mai stata rotta da un forte movimento politico popolare o nazionale, tradizione «libresca» e astratta. —'Xfr gli articoli di Umberto Fracchia nelT« Italia Letteraria» del luglio 1930 e la Lettera a Umberto Fracchia sulla critica di Ugo Ojetti nel «Pègaso» dell’agosto 19302. I lamenti del Fracchia sono dello stesso tipo di quelli della «Critica Fascista». La letteratura [«nazionale»] cosi detta «artistica» non è popolare in Italia. Di chi la colpa? Del pubblico che non legge? Della critica che non sa presentare ed esaltare al pubblico i valori letterari? Dei giornali che invece di pubblicare in appendice il « romanzo moderno italiano » pubblicano il vecchio Conte di Montecristo? Ma perché il pubblico non legge in Italia mentre legge in altri paesi? Ed è poi vero che non legga? Non sarebbe più esatto dire: perché il pubblico italiano legge la letteratura straniera, popolare e non popolare, e | non legge invece quella ita- 36 liana? Lo stesso Fracchia non ha pubblicato degli ultimatum agli editori che pubblicano (e quindi vendono relativamente) opere straniere, minacciando provvedimenti governativi? E questi provvedimenti non ci sono stati in parte per opera di Michele Bianchi, sottosegretario