Pagina:Grotta di Frasassi, Ascanio Ginevri Blasi, 1875.pdf/11

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Quivi avvennero fatti d’armi fra Galli, Sanniti e Romani. Quivi Totila re dei Goti si difese da Narsete. Quivi finalmente la Repubblica di Fabriano mosse in più incontri guerra ai pacifici Conti della Genga per disputare ai medesimi il possesso di questi luoghi, quando il sacro nome di libertà non era compreso se non nel diritto della forza brutale esercitato con ignominiose contese fraterne. Narrata per sommi capi la storia del luogo e dei nobili abitatori di quelle contrade passo alla descrizione.

Una tradizione costante esaltata da mille idee spaventose asseriva che a nessuno era dato penetrare nel fondo di una grotta ivi situata. Io più volte mi era recato in quel luogo, ma nei giorni di festa, e senza essere preparato ad intraprendere una minuta ispezione, mancando di quegli attrezzi necessarii a premunirsi da qualsiasi pericolo. Scegliendo l’epoca in cui non vi era la molesta presenza degli innumerevoli pipistrelli che annidano in quella caverna, il 9 marzo 1874 in compagnia dell’egregio amico sig. Giuseppe Nicoletti Direttore dell’Istituto Giannini in Pergola e del mio nepote Giuseppe Marini, mi posi in viaggio per effettuare la desiata ispezione. Ci munimmo di tutti gli attrezzi necessari, quali sono picconi, corde, torcie, candele, bussola, e di quant’altro stimammo necessario alla buona riuscita dell’impresa. Giunti a Frasassi facemmo arrestare la vettura, sul famoso ponte di Bovesecco, opera stupenda di architettura, costruito per ordine del Papa Leone duodecimo. Qui trovai due miei coloni spediti avanti, ed il custode della Grotta già prevenuto dal signor Tito Garducci agente dell’illustre famiglia Della Genga. Noi c’incamminammo per la via che quell’antichissima famiglia rese accessibile. Le traccie delle mine e dei picconi che resero più spazioso e comodo quel sentiero si scorgono un kilometro prima della grotta, e qui appunto regna un orrido maestoso che arresta lo sguardo