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ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

CORISCA.

Tanto in condur la semplicetta al varco

ebbi pur dianzi il cor fisso e la mente,
che di pensar non mi sovvenne mai
de la mia cara chioma, che rapita
m’ha quel brutto villano, e com’io possa
ricoverarla. Oh, quanto mi fu grave
d’avermi a riscattar con si gran prezzo
e con si caro pegno! Ma fu forza
uscir di man de l’indiscreta bestia,
che, quantunque egli sia piú d’un coniglio
pusilianimo assai, m’avria potuto
far nondimeno mille oltraggi e mille
fiere vergogne. Io l’ho schernito sempre,
e fin che sangue ha ne le vene avuto,
come sansuga l’ho succhiato. Or duolsi
che piú non l’ami, e di dolersi avrebbe
giusta cagion, se mai l’avessi amato:
amar cosa inamabile non puossi.
Com’erba che fu dianzi, a chi la colse
per uso salutifero, si cara,
poi che’l succo n’è tratto, inutil resta
e come cosa fracida s’abborre,
cosi costui : poi che spremuto ho quanto