Pagina:Guasti - Necrologia dell'avv. Giovacchino Benini di Prato.djvu/6

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che amorevole, giudicò quanto vide o seppe, così parlava del nostro Benini. «Ama d’esemplare amore la storia patria, e tutte le notizie che riguardano Prato, diligentemente raccoglie»: e lo diceva raccoglitore indefesso di quelle sentenze, in cui il popolo condensò, per così dire, la dottrina di molti volumi, andando al pratico, e fondandosi sulla esperienza de’ bisavi1. Il Benini, ricordando questa sua raccolta di Proverbi italiani col confronto dell’altre lingue, notava con una certa compiacenza: «lavoro che lodò Tommasèo». E lì pure registrando una sua traduzione dal francese, che lo stesso Tommasèo aveva desiderato «più italianamente fatta»2, con molta schiettezza scriveva: «parola severa, che anche subito trovai giusta». Questo prova, che non meno della lode gli piaceva la verità: come prova, che pur vedendo di non scrivere castigato, riconosceva il dovere che lo scrittore ha di curare lo stile e la lingua. Ma il difetto in lui venne prima dallo scuole; poi, non riparato da uno studio particolare, si confermò nell’uso degl’idiomi stranieri.

Delle scuole parlando in alcuni suoi ricordi, non dice il Benini d’esser passato sotto la disciplina d’un tal maestro, ma «sotto il nerbo»; e fino all’umanità, confessa, «da nessuno imparai cosa alcuna». Nato a’ 23 di febbraio del 1799, ebbe i maestri che davano i tempi; ma la piccola Prato, in confronto d’altre città, non si poteva dire sfornita di precettori valenti. «Avevo circa dodici anni (egli scrive) quando passai alle scuole comunali, dove insegnava allora il Silvestri. Quivi trovai un po’ di gara, e la maggior parte studiavano di buona voglia. La memoria principalmente era esercitata: tutto si faceva a mente». Chiamato il Silvestri a Brescia, gli toccò per maestro di rettorica nel collegio Cicognini un abate Lepri, che «sapeva il suo mestiero, aveva buon gusto, e adoperava per la scuola i migliori libri che allora si conoscessero. Ivi conobbi Dante; ivi imparai qualche

  1. Tommaseo, Gita a Prato; nel giornale napoletano Il Progresso, an. III (1834), quaderno xvi.
  2. Antologia di Firenze, quaderno di Luglio 1831, pag. 116.