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22 il secolo che muore


mio talamo pel trono di Dio; noi ci ricingemmo, Artemisia ed io, con le nostre braccia stretti come dentro un cerchio incantato dove non poteva entrare l’affanno, donde non poteva uscirne la felicità.

— Capisci, zuccone, che cosa significa volersi bene? Questa volta a dire così non fu la droghiera, ma Agata, la seconda moglie di Ambrogio, mercante all’ingrosso di formaggi lodigiani, la quale per imprimerglielo bene nella memoria gli pestò il piede destro, dove aveva un lupinello al dito mignolo. Il povero Ambrogio vide le stelle a mezzogiorno, e non potè trattenersi tanto che non gli uscisse di bocca un: per Dio! che rintronò tutta la sala con grande scandalo dell’uditorio.

— Si cerchi chi ha bestemmiato e gli si faccia sgombrare la sala.

I giandarmi non trovarono o non vollero trovare il signor Ambrogio; dalla sala non uscì alcuno, ed Efisio continuò:

— Come l’ape immersa nelle foglie della rosa non si accorge della tempesta che si forma sopra il suo capo, così io, tuffato dentro la voluttà, non sentiva i passi dello infortunio che si avvicinava; viveva sicuro che l’Amore lemme lemme mi avrebbe scavato la fossa con la più soave delle sue frecce — ahi! quanto è lieve ingannar chi si assicura — di un tratto io me la sento piantata nel cuore. Artemisia! Artemisia! In che t’increbbi? Non mai nocchiero