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Un’ora di pessimismo 263

cenno solo dell’esercito innumerabile che ora si disciplina, perchè di tutta questa società borghese rimanga appena la storia non bella. Le rivendicazioni giuste e gli appetiti viziosi, le aspirazioni sante e le avidità brutali vorranno esser soddisfatte. Viene il giorno del rendimento dei conti, la liquidazione sarà burrascosa, il creditore è inesorabile. Ma il debitore che fa?

Così vuole il destino, che debbano perder la mente coloro che sono destinati alla rovina. Altro che ascoltar le grida e compassionare i lamenti! La borghesia non fa e non può far nulla per allontanare o mitigare il giorno del suo giusto giudizio. Prima gridò “utopie!”, poi susurrò “silenzio” ora è in braccio ai Carabinieri. Così faceva l’aristocrazia alla vigilia della proclamazione dei diritti dell’uomo, e così vuole la natura che non si curi la salute che malati, che non si pensi alla morte che in agonia. Talora, quando la fiumana ingrossa e minaccia gli argini, si studia, si discute, si chiacchiera, e si provvede coi discorsi, coi libri e coi progetti di legge. Nei pericoli urgentissimi, o si reprime duramente o si promette qualche privilegio, appunto a quelli che insorgono contro la compressione e il privilegio; e questi paiono i rimedi più eroici. E il Papa allora grida in latino a questa borghesia che non gli crede “fate la carità poichè lo disse il Vangelo”. Ah, buon vecchio, ben altre cose disse il Vangelo e se Cristo venisse a ripeterle per le vie di Roma, troverebbe gli Scribi e i Farisei, Caifa ed Anna che lo terrebbero socialista; e, se la croce non è più di