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286 Brani di vita

del calore. Ma chi sa dire che cosa ci sia in questo sonetto dello Zappi?

Io veggio entro una bassa e vil capanna
     Un pargoletto che pur dianzi è nato,
     Fra i rigor d’aspro verno abbandonato,
     Su paglia, fieno e foglie d’alga e canna.

Veggio la cara madre che s’affanna
     Perchè sel vede in sì povero stato...
     Misero! Ei sta di due giumenti al fiato.
     Misero! Ah, questo è Dio, nè il cor mi inganna!

Quel Dio che regge il Ciel, regge gli orrendi
     Abissi, e fa su noi nascer l’aurora,
     E il lampo, e i tuoni, e i fulmini tremendi.

Ma un Dio se stesso in sì vil foggia onora?
     Vieni, o superbo, e l’umiltade apprendi
     Da quel maestro che non parla ancora!


Carini quei loro smascolinati sonettini, pargoletti piccinini, mollemente femminini, tutti pieni d’amorini, disse il Baretti!

Andiam che la via lunga ne sospinge; ed eccoci ai due ultimi cantori del Natale, l’Arici e il Manzoni. Si ricorda Ella come il povero Jacopone pensasse a tutto fuor che al mondo nelle sue ingenue poesie? Ecco invece che in questo secolo ci si pensa anche a proposito del Natale. Per l’Arici e pel Manzoni questa solennità è fonte di pensieri civili più che religiosi: anch’essi nella religione cercano la pace piuttosto che Dio.