Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/207

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d’ella era ancora quasi una ragazzina, rinchiusa a studiare in un convento di monache. Aveva conosciuto il cugino poche settimane prima che partisse, ma la sua figura era rimasta così fortemente impressa nella sua memoria che le bastava chiudere gli occhi per vederselo apparire dinanzi in tutta la sua giovanile baldanza, con quel sorriso indefinibile col quale egli l’aveva abbracciata per la prima volta il giorno della partenza. S’erano scritto raramente, ma sempre con una grande cordialità, e Valeria aveva nutrito nel suo intimo durante quegli ultimi anni un sogno segreto.

La sorellastra era ormai l’ombra di sè stessa, una scialba figura d’allucinata, una larva vicino a lei ch’era florida e solida, con capelli neri e crespi, le guancie a fossette, le labbra colorite, gli occhi vivaci. Ella doveva senza dubbio piacere a Leo, perchè gli rassomigliava un poco, sebbene ella fosse piccola e tonda, mentre egli era alto e quadrato. Tuttavia un tempo egli aveva amato Evelina, esile e bionda, ma in tanti anni i suoi gusti s’erano certo mutati ed egli cercava forse una moglie molto diversa dall’antica innamorata.

Un solo timore angustiava Valeria: la presenza della sorella. Egli non poteva averla dimenticata completamente durante la sua lontananza e forse il piccolo o il grande ri-