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20 | la falena e il lume |
tellettualmente, il quale mi ama come solo una donna piena di fascini potrebbe essere amata. Tu invece, bambina mia, che sei bella, che hai tanta intelligenza, che sei elegante e colta, non hai trovato sul tuo cammino che tristezze e dolori. E non vuoi che io tenti di rimediare un poco — oh! molto poco, — con la mia amicizia, alle ingiustizie del destino? E poi io ti voglio bene, Ela mia; ecco tutto.
Ero così commossa che non seppi rispondere ma da allora, non so come, oscuramente, insensibilmente l’amara certezza che ella avesse ragione, incominciò a poco a poco a penetrare in me. Era vero; Sofia aveva ottenuto dalla sorte tutti i doni, tutte le gioie a me negate. Quella giovinetta scialba, sciocca, che io disprezzavo o deridevo in convento, era stata amata e scelta fra tante da un uomo elevato, altero e forte, da un uomo tale che qualsiasi donna non mediocre avrebbe amato con orgoglio. E l’amore e la fedeltà durava ancora dopo anni fra di essi, mentre io avevo consumato la mia prima giovinezza in piccoli amori stupidi, finiti nell’indifferenza e nella nausea, troppo paurosa e insieme troppo fredda per tentare qualche maggiore avventura o per sentire qualche più profonda passione. D’altra parte nessuno degli uomini incontrati nella mia vita me ne era sembrato degno e rimpiangevo solo l’amore per l’amore, come una parte dell’esistenza