Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/184

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amalia guglielminetti

morse il labbro, accendendosi in volto di una lievissima fiamma.

S’erano rivisti due altre volte dopo il primo incontro: la prima sulla piazzetta della chiesa mentre ella usciva con sua madre dalla messa cantata; la seconda lungo la stradicciuola che dalla casa dei contadini saliva, per un dolce pendio, ai vigneti. Egli si era tolto con rispetto il cappello, ma la sua faccia dal netto profilo si era alquanto alterata, quasi intorbidita per il riflesso dello sguardo, in cui si raccoglieva un oscuro fuoco.

Non le aveva parlato, neppure incontrandola sola. Forse si pentiva di esserle sembrato troppo familiare il primo giorno, e voleva ora mostrarsi consapevole della distanza che separava il rozzo ed incolto campagnuolo dalla elegante e ricca signorina, sebbene questa si fosse degnata di parlargli e d’ascoltarlo per una volta con cortese affabilità.

Ma quando il giovine entrò nella sala da pranzo dei Vannelli, egli fissò per un momento Luciana con due occhi carezzevoli, umili, rapiti, imploranti, sollevando l’ampio petto ad un trattenuto sospiro, come se il vederla, il poterla finalmente contemplare dopo tanti giorni di lontananza, gli procurasse un impeto di felicità irrefrenabile.

I due uomini si erano allontanati per pre-

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