Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/198

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amalia guglielminetti

che io adoro in ginocchio, che io prego ogni notte e ogni giorno, e ogni ora, perchè mi conceda la grazia di lasciarsi amare! Non oso quasi baciarti, non oserò avvicinarmi a te, domani a sera.

Ella lo ascoltava con un sorriso d’ebbrezza sul volto intento, poi si chinò al suo orecchio, e gli chiese in un sussurro:

— Dove ci rifugieremo domani sera?

— Non so. Lasciami riflettere, — mormorò Arrigo raccogliendosi nel suo pensiero. — Forse il luogo più adatto sarebbe la casetta della vigna, a mezz’ora da casa mia, dove passo le notti per vigilare l’uva quando è matura. Sono due stanzette abbastanza decenti. Una volta un pittore volle prenderle in affitto e vi rimase tutta l’estate. Ma a te sembreranno miserabili.

Luciana gli coperse la bocca con la sua palma rosea, mormorando:

— Non parlare a questo modo. Mi parranno deliziose come il rifugio della felicità.

Il domani Luciana Vannelli rimase quasi tutto il giorno nella sua camera, fingendosi occupata nei preparativi della partenza. Aveva aperto un baule, e vi riponeva lentamente i suoi libri, i suoi ritratti, i suoi ninnoli, tutte le piccole cose sue intime e care che l’accompagnavano ovunque, e si fermava tratto tratto in mezzo alla stanza con gli occhi fissi al suolo ed il pensiero assente.

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