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168 | le ore inutili |
l’afferrava alla vita con violenza e le parlava con impeto.
— Dimmi, Lucilla, che cosa accade? perchè questo vuoto e questo gelo?
— Parto, — ella disse ponendogli le mani sulle spalle e costringendolo a piegare verso di lei la sua faccia rabbuiata.
— Per pochi giorni — egli mormorò fissandola in fondo agli occhi, attendendo ansioso.
Ella lo lasciò d’un tratto, andò a sedere sul divano d’angolo, suonò perchè portassero il tè, accese una sigaretta, aspirò alcune boccate di fumo e finalmente disse:
— Non so. Forse per sempre.
Donna Lucilla De-Renzi era una vedova non più giovanissima la quale, trascorsi in provincia con sua madre i primi anni della vedovanza, s’era stabilita da qualche tempo a Roma, dove l’antica posizione abbastanza eminente del marito le aveva creato vaste relazioni e numerose amicizie.
Ella vi aveva però prodigato eccessivamente la propria fortuna che non era cospicua, e sua madre, che vegliava sui suoi interessi, la chiamava urgentemente a casa rifiutandole le risorse che le occorrevano per continuare la sua vita brillante alla capitale.
— Parto, — ella ripetè; — ho affari urgenti