Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti politici e ricordi, 1933 – BEIC 1844634.djvu/362

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356 nota


p. 200 — C, non aveva forse da temere che la fussi — B, non pareva avessi da temere che la fussi — A, non aveva da temere fussi
— pigliare l’arme. — Di qui in A l’autore prosegui, a quattro riprese, con i quattro passi seguenti tutti cancellati:
1. La potenzia di Cesare per avere vinto e fatto prigione el re di Francia era formidolosa a tutta Italia, essendo non solo mancato lo ostaculo de’ franzesi contro a Cesare ma potendo dubitare che el re per liberarsi dalla carcere avessi a aiutare Cesare a sottoporla; e spezialmente aveva causa di temerne el papa, non solo per quelle ragione antiche e generali che la grandezza degli imperadori suole essere perniziosa a’ pontefici, ma particularmente perché Cesare era restato male satisfatto di lui nella venuta del re di Francia in Italia, perché aveva visto segni che l’accordo fatto col viceré gli era stato male osservato nonostante che lui avessi sborsato somma grossa di danari ed osservato dal canto suo ogni cosa; perché temeva Cesare molto offeso della pratica tenuta col marchese di Pescara, e che però per vendicarsi e sicurarsi l’avessi a deprimere; a che si vedeva arebbe opportunitá grandissima essendo el papa disarmato, sanza danari, con lo stato della Chiesa debolissimo e male composto, abandonato da ognuno, e pel contrario Cesare, re di Napoli, padrone giá del ducato di Milano, con esercito in Lombardia potente e vittorioso
2. Non è dubio alcuno che in quello tempo la potenzia di Cesare fussi formidolosa a tutta Italia, perché avendo vinto e fatto prigione el re di Francia non solo gli era mancato lo ostaculo de’ franzesi
3. La Italia nel tempo che fu deliberata la guerra e molti mesi prima si trovava in grandissimo pericolo dalla potenzia di Cesare

4. La riputazione di Cesare era stata giá piú anni grande in Italia dove o per la sua ammirabile fortuna o per la virtú de’ suoi eserciti aveva conseguito molte preclare vittorie; ma quello che [l’]alzò insino al cielo e fece formidolosa a ognuno fu la giornata di Pavia, nella quale essendo restato suo prigione el re di Francia ed a lui rimasto in Italia uno esercito potente e vittorioso, entrò grandissimo terrore nelle mente di tutti, che lui non avendo piú lo ostaculo de’ franzesi avessi in animo camminare con passo gagliardo alla monarchia di Italia; el quale timore si accrebbe piú quando o necessitato dalle pratiche del duca Francesco Sforza o pigliando el pericolo per occasione, occupò el ducato di Milano ed assediò el duca nel castello, perché non parve che agli altri restassi piú in Italia sicurtá alcuna poi che al titulo dello imperio ed al dominio di tanti regni si congiugneva el reame di Napoli ed el ducato di Milano; al quale pericolo per ovviare furono tentati molti remedi dal papa e viniziani, ora con Cesare medesimo perché fussi contento si stabilissi tale forma alle cose di Italia che fussi sicura a tutti, ora col re di Inghilterra e col governo di Francia del quale era capo Madama madre del re acciò che fatta lega insieme si cercassi con le arme la liberazione del re e la