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54 | discorsi del machiavelli |
di questi Cesare, che di cittadino privato con altre arte che di fraude si condusse a tanta grandezza, scoprendo sempre la ambizione sua o lo appetito del dominare. Non ho ora fresca la memoria di Zenofonte, ma credo che instruisca Ciro di prudenzia, di industria, di simulazione o dissimulazione giuste, non di fraude. Né chiamo fraude se e’ romani feciono tali patti a’ latini che potettono pazientemente tollerare lo imperio loro, il che non fu perché non si accorgessino insino dal principio che sotto ombra di confederazione equale era servitú; ma el trovarsi impotenti, né essere trattati in modo che non avessino causa di desperarsi, gli fece aspettare insino a tanto, non dico che ebbono scoperto el fine de’ romani, el quale sarebbono stati bene grossi se non avessino cognosciuto da principio, ma che cresciuti di numero di uomini e bene esperti di disciplina militare, ebbono speranza potere contendere del pari col popolo romano. Fu adunche prudenzia quella de’ romani, non fraude, a trattare bene e’ latini; e credo sia verissimo che sanza simili industrie e prudenti modi di governarsi, non solo rarissime volte si salga da bassa fortuna a alta, ma ancora difficilmente si conservi la grandezza. Ma quanto alla fraude, può essere disputabile se sia sempre buono instrumento di pervenire alla grandezza, perché spesso con lo inganno si fanno di molti belli tratti, spesso anche l’avere nome di fraudulento toglie occasione di conseguire gli intenti suoi.
CAPITOLO XIV
La conclusione del Discorso è in parte contraria a quello che lui disse in altro luogo, che è piú prudenzia temporeggiarsi ne’ casi pericolosi che urtare; e però bisogna distinguere che quando le forze tue non sono pari a quelle dello inimico, meglio sia accordare, etiam lasciando qualche cosa, che tirarsi