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circostanti; Brindisi, dove si era fermato don Federigo, Galipoli, la Mantia e la Turpia.

Ma innanzi che ’l re partisse si trattorono tra il pontefice e lui varie cose, non senza speranza di concordia; per le quali andò dal pontefice al re, e dipoi ritornò a Roma, il cardinale di San Dionigi, e dal re a lui Franzi monsignore: perché il re desiderava sommamente la investitura del regno di Napoli; desiderava che il pontefice, se non voleva essere congiunto seco, almeno non aderisse cogli inimici suoi, e che si contentasse di riceverlo in Roma come amico. Alle quali cose benché il pontefice da principio prestasse orecchi, nondimeno, avendo l’animo alieno da confidarsi di lui, e perciò non volendo separarsi da’ collegati, né concedergli la investitura, non la reputando mezzo sufficiente a fare fedele reconciliazione, interponeva all’altre dimande varie difficoltá; e a quella della investitura, benché il re si riducesse ad accettarla senza pregiudicio delle ragioni d’altri, rispondeva volere che prima si vedesse giuridicamente a chi di ragione apparteneva: e da altra parte, desiderando di proibire con l’armi che ’l re non entrasse in Roma, ricercò il senato viniziano e il duca di Milano che gli mandassino aiuto; i quali gli mandorono mille cavalli leggieri e dumila fanti, e promessono mandargli mille uomini d’arme; con le quali genti aggiunte alle forze sue sperava potere resistere. Ma, parendo poi loro troppo pericoloso il discostare tanto le genti dagli stati propri, né avendo ancora in ordine tutto l’esercito disegnato, ed essendo parte delle genti occupate alla impresa di Asti, e riducendosi oltre a ciò in memoria la infedeltá del pontefice, e l’avere, quando passò Carlo, chiamato in Roma con l’esercito Ferdinando e poi fattolo partire, mutato consiglio, cominciorono a persuadergli che piú tosto si riducesse in luogo sicuro che, per sforzarsi di difendere Roma, esporre la sua persona a sí grave pericolo; atteso che quando bene il re entrasse in Roma se ne partirebbe subito, senza lasciarvi gente alcuna. Le quali cose accrebbono la speranza del re di potere venire seco a qualche composizione.