Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/211

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libro secondo — cap. xii 205

scoprendosi o con bolle bruttissime, le quali spesse volte diventavano piaghe incurabili, o con dolori intensissimi nelle giunture e ne’ nervi per tutto il corpo, né usandosi per i medici, inesperti di tale infermitá, rimedi appropriati ma spesso rimedi direttamente contrari e che molto la facevano inacerbire, privò della vita molti uomini di ciascuno sesso e etá, molti diventati d’aspetto deformissimi restorono inutili e sottoposti a cruciati quasi perpetui; anzi la maggiore parte di coloro che pareva si liberassino ritornavano in breve spazio di tempo nella medesima miseria; benché, dopo il corso di molti anni, o mitigato lo influsso celeste che l’aveva prodotta cosí acerba, o essendosi per la lunga esperienza imparati i rimedi opportuni a curarla, sia diventata molto manco maligna; essendosi anche per se stessa trasmutata in piú specie diverse dalla prima. Calamitá della quale certamente gli uomini della nostra etá si potrebbono piú giustamente querelare se pervenisse in essi senza colpa propria: perché è approvato, per consentimento di tutti quegli che hanno diligentemente osservata la proprietá di questo male, che o non mai o molto difficilmente perviene in alcuno se non per contagione del coito. Ma è conveniente rimuovere questa ignominia dal nome franzese, perché si manifestò poi che tale infermitá era stata traportata di Spagna a Napoli, né propria di quella nazione ma condotta quivi di quelle isole le quali, come in altro luogo piú opportunamente si dirá, cominciorono, per la navigazione di Cristofano Colombo genovese, a manifestarsi, quasi in questi anni medesimi, al nostro emisperio. Nelle quali isole, nondimeno, questo male ha prontissimo, per benignitá della natura, il rimedio; perché beendo solamente del succo d’un legno nobilissimo per molte doti memorabili, che quivi nasce, facilissimamente se ne liberano.