Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/303

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libro terzo — cap. xv 297

tra loro discordia, non si procedette a farne esperienza: per la qual cosa declinò tanto del suo credito che ’l dí seguente, nato a caso certo tumulto, gli avversari suoi, prese l’armi e aggiunta all’armi loro l’autoritá del sommo magistrato, espugnato il monasterio di San Marco dove abitava, lo condusseno insieme con due de’ suoi frati nelle carceri publiche. Nel quale tumulto i parenti di coloro che l’anno passato erano stati decapitati ammazzorno Francesco Valori, cittadino molto grande e primo de’ fautori del Savonarola, perché l’autoritá sua era sopra tutti gli altri stata cagione che e’ fussino stati privati della facoltá di ricorrere al giudicio del consiglio popolare. Fu dipoi esaminato con tormenti, benché non molto gravi, il Savonarola, e in sugli esamini publicato uno processo; il quale, rimovendo tutte le calunnie che gli erano state date, o di avarizia o di costumi inonesti o d’avere tenuto pratiche occulte con príncipi, conteneva le cose predette da lui essere state predette non per rivelazione divina ma per opinione propria fondata in sulla dottrina e osservazione della scrittura sacra, né essersi mosso per fine maligno o per cupiditá d’acquistare con questo mezzo grandezza ecclesiastica, ma bene avere desiderato che per opera sua si convocasse il concilio universale, nel quale si riformassino i costumi corrotti del clero, e lo stato della Chiesa di Dio, tanto trascorso, si riducesse in piú similitudine che fusse possibile a’ tempi che furono prossimi a’ tempi degli apostoli: la quale gloria, di dare perfezione a tanta e sí salutare opera, avere stimato molto piú che ’l conseguire il pontificato, perché quello non poteva succedere se non per mezzo di eccellentissima dottrina e virtú, e di singolare riverenza che gli avessino tutti gli uomini, ma il pontificato ottenersi spesso o con male arti o per beneficio di fortuna. Sopra il quale processo, confermato da lui in presenza di molti religiosi, eziandio del suo ordine, ma con parole, se è vero quel che poi divulgorono i suoi seguaci, concise e da potere ricevere diverse interpretazioni, gli furono, per sentenza del generale di San Domenico e del vescovo Romolino, che fu poi cardinale di Surrento, commissari deputati dal pontefice,