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che non avevano disegnato; in modo che essendosi, mentre davano l’assalto, scoperto Paolo in su quegli monti, il quale con una parte dell’esercito andava a soccorrerlo, ritirandosi verso Pisa scontrorno nella pianura verso Calci Vitellozzo, venuto in quello luogo con un’altra parte delle genti per impedire loro il ritorno: col quale mentre combatteno, sopravenendo Paolo, si messono in fuga, perduti molti cavalli e la maggiore parte de’ fanti.

Ma in questo mezzo i fiorentini, avendo qualche indizio dal duca di Ferrara e da altri che i viniziani avevano inclinazione alla concordia, ma che vi si indurrebbono piú facilmente se, come pareva convenirsi alla degnitá di tanta republica, si procedesse con loro con le dimostrazioni non come con eguali ma come con maggiori, mandorono, per tentare la loro disposizione, imbasciadori a Vinegia Guidantonio Vespucci e Bernardo Rucellai, due de’ piú onorati cittadini della loro republica: la qual cosa si erano astenuti di fare insino a questo tempo, parte per non offendere l’animo del re Carlo parte perché, mentre si conobbono impotenti a opprimere i pisani, avevano giudicato dovere essere inutili i prieghi non accompagnati né con la riputazione né con le forze; ma ora che l’armi loro erano potenti in campagna, e il duca di Milano scoperto totalmente contro a’ viniziani, non erano senza speranza d’avere a trovare qualche modo di onesta composizione. Però gl’imbasciadori, ricevuti onoratamente, introdotti al doge e al collegio, poi che ebbono scusato il non vi essere andati prima imbasciadori, per diversi rispetti nati dalla qualitá de’ tempi e da’ vari accidenti della loro cittá, dimandorono liberamente che si astenessino dalla difesa di Pisa; dimostrando confidarsi di ottenere questa dimanda, perché la republica fiorentina non aveva dato loro causa di offenderla, e perché avendo il senato viniziano avuto sempre fama di giustissimo non vedevano dovesse partirsi dalla giustizia, la quale, essendo la base e il fondamento di tutte le virtú, era conveniente che a ogni altro rispetto fusse anteposta. Alla quale proposta rispose il doge essere la veritá che da’ fiorentini non avevano