Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/331

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libro quarto — cap. v 325

e agitazioni il re fece nuova pace con l’arciduca rendendogli le terre del contado di Artois, la qual cosa perché avesse effetto, in beneficio del figliuolo, consentí il re de’ romani di fare tregua con lui per piú mesi, senza menzione del duca di Milano, col quale pareva in questo tempo sdegnato, perché non aveva sempre sodisfatto alle domande sue infinite di danari. Aveva oltre a queste cose il re confermata la pace fatta dallo antecessore suo col re d’Inghilterra: e rifiutando tutte le pratiche che gli erano state proposte di ricevere a qualche composizione il duca di Milano, che con grandissime offerte e usando grandissime corruttele si sforzava di indurvelo, cercava di congiugnere seco in uno tempo medesimo i viniziani e i fiorentini; e però faceva grandissima instanza che, levate l’offese contro a’ pisani, i viniziani dipositassino Pisa in sua mano, e perché i fiorentini vi consentissino offeriva secretamente di restituirla loro fra breve tempo. La quale pratica, piena di molte difficoltá e concorrendovi diversi fini e interessi, fu per molti mesi trattata variamente. Perché i fiorentini, essendo necessario che in tal caso si collegassino col re di Francia, e dubitando per la memoria delle promesse non osservate dal re Carlo che ’l medesimo non intervenisse al presente, non convenivano tra loro in uno medesimo parere; perché la cittá agitata tra l’ambizione de’ cittadini maggiori e la licenza del governo popolare, e accostatasi per la guerra di Pisa al duca di Milano, era intra se medesima divisa in modo che con difficoltá le cose di momento si deliberavano concordemente, avendo massime alcuni de’ principali cittadini desiderio della vittoria del re di Francia altri in contrario inclinando al duca di Milano: e i viniziani, quando bene fussino risolute tutte l’altre difficoltá dello accordarsi col re, erano deliberati di non consentire al diposito, sperando che, e nel ristoro delle spese fatte per sostenere Pisa e nel lasciare la difesa di Pisa con minore suo disonore, arebbono migliori condizioni nella pratica che si teneva a Ferrara; la quale da Lodovico Sforza era caldamente sollecitata, per timore che, conchiudendosi in Francia il diposito, non si unissino col re