Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/397

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libro quarto — cap. xiv 391

menarlo seco, negato di concedergli la sua dimanda, consentirno si mescolasse tra essi in abito di uno de’ loro fanti, per stare alla fortuna, se non fusse riconosciuto, di salvarsi. La quale condizione accettata da lui per ultima necessitá non fu sufficiente alla sua salute, perché, camminando essi in ordinanza per mezzo dell’esercito franzese, fu, per la diligente investigazione di coloro che erano preposti a questa cura, o insegnato dai medesimi svizzeri, riconosciuto, mentre che mescolato nello squadrone camminava a piede, vestito e armato come svizzero, e subitamente ritenuto per prigione: spettacolo sí miserabile che commosse le lagrime insino a molti degli inimici. Furono oltre a lui fatti prigioni Galeazzo da San Severino, e il Fracassa e Antonio Maria suoi fratelli, mescolati nell’abito medesimo tra’ svizzeri; e i soldati italiani svaligiati e presi, parte in Novara parte fuggendo verso il Tesino; perché i franzesi, per non irritare quelle nazioni, lasciorno partire a salvamento i cavalli borgognoni e i fanti tedeschi.

Preso il duca e dissipato l’esercito, non vi essendo piú alcuno ostacolo, e piena ogni cosa di fuga e di terrore, il cardinale Ascanio, il quale avea giá inviate le genti raccolte a Milano verso il campo, sentita tanta rovina, si partí subito da Milano per ridursi in luogo sicuro, seguitandolo molti della nobiltá ghibellina che, essendosi scoperti immoderatamente per Lodovico, disperavano d’ottenere venia da’ franzesi. Ma essendo destinato che nelle calamitá de’ due fratelli si mescolasse con la mala fortuna la fraude, si fermò la notte prossima, per ricrearsi alquanto della fatica ricevuta per la celeritá del camminare, a Rivolta nel piacentino, castello di Currado Lando gentiluomo di quella cittá, congiuntogli di parentado e di lunga amicizia; il quale, mutato l’animo con la fortuna, mandati subito a Piacenza a chiamare Carlo Orsino e Sonzino Benzone soldati de’ viniziani, lo dette loro nelle mani, e insieme Ermes Sforza fratello del duca Giovan Galeazzo morto, e una parte de’ gentiluomini venuti con lui; perché gli altri, con piú utile consiglio, non vi si essendo voluti fermare la notte, erano passati piú avanti. Fu condotto subitamente Ascanio prigione a