Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/51

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libro primo — cap. vi 45

non commettere mai la vita propria alla fede, tali erano le parole sue, di catelani, restò vana la fatica e il desiderio d’Alfonso. Perché il cardinale, poi che ebbe simulatamente dato speranza quasi certa di accettare le condizioni che si trattavano, si partí all’improvviso una notte, in su uno brigantino armato, da Ostia, lasciata bene guardata quella rocca; e soprastato pochi dí a Savona e poi in Avignone, della quale cittá era legato, andò finalmente a Lione, dove poco innanzi si era trasferito Carlo, per fare con piú comoditá e maggiore riputazione le provisioni per la guerra, alla quale giá publicava volere andare in persona; e da lui ricevuto con grandissima festa e onore, si congiunse con gli altri che la turbazione d’Italia procuravano.

Né mancava Alfonso, essendogli diventato buon maestro il timore, di continuare con Lodovico Sforza quel che era stato cominciato dal padre, offerendogli le medesime sodisfazioni; il quale egli, secondo il costume suo, si ingegnava di pascere con varie speranze, ma dimostrando essere costretto a procedere con grandissima destrezza e considerazione acciocché la guerra disegnata contro ad altri non avesse principio contro a lui. Ma da altra parte non cessava di sollecitare in Francia le preparazioni; e per farlo con maggiore efficacia e stabilire meglio tutti i particolari di quel che s’avesse a ordinare, e acciocché non si ritardasse poi l’esecuzione delle cose deliberate, vi mandò, dando voce fusse chiamato dal re, Galeazzo da San Severino marito di una sua figliuola naturale, il quale era di grandissima fede e favore appresso a lui.

Per i consigli di Lodovico, mandò Carlo al pontefice quattro oratori, con commissione che nel passare per Firenze facessino instanza per la dichiarazione di quella republica: Eberardo di Ubigní capitano di nazione scozzese, il generale di Francia, il presidente del parlamento di Provenza e il medesimo Perone di Baccie che l’anno precedente v’avea mandato. I quali, secondo la loro istruzione ordinata principalmente a Milano, narrorono nell’uno luogo e nell’altro le ragioni le quali il re di Francia, come successore della casa di Angiò e per