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imbasciadori al re, lo supplicava della venia, andorno a campo a Montechierucoli, castello de’ Torelli in parmigiano, i quali aveano aiutato Lodovico Sforza; non tanto mossi dal desiderio di punire loro quanto per minacciare, con lo approssimarsi a Bologna, Giovanni Bentivogli, per i favori similmente prestati a Lodovico Sforza: il quale, per fuggire il pericolo, compose di pagare quarantamila ducati; e il re l’accettò di nuovo nella sua protezione insieme con la cittá di Bologna, ma con espressa limitazione di non pregiudicare alle ragioni che vi aveva la Chiesa. Accordata Bologna e preso per forza Montechierucoli, tornorno le genti indietro a passare l’Apennino per la via di Pontriemoli; ed entrati in Lunigiana, avendo piú rispetto agli appetiti e comodi loro che all’onesto, tolseno, a instanza de’ Fregosi, ad Alberigo Malaspina raccomandato de’ fiorentini il castello di Massa e l’altre terre sue. E passati piú innanzi, i lucchesi (benché reclamando la plebe, ne fussino tra se stessi in gravi tumulti) consegnorono a Beumonte Pietrasanta, in nome del re; il quale, lasciata guardia nella fortezza, non rimosse della terra gli ufficiali loro, perché il cardinale di Roano, disprezzando in questo le promesse fatte a’ fiorentini, ricevuta da’ lucchesi certa quantitá di danari, gli avea accettati nella protezione del re, convenendo che il re tenesse Pietrasanta in diposito insino a tanto che ’l re avesse dichiarato a chi di ragione si appartenesse.

Ma in questo tempo i pisani, ostinati a difendersi, avevano avuto da Vitellozzo, col quale erano per l’inimicizia comune co’ fiorentini in grandissima congiunzione, alcuni ingegneri per indirizzare le loro fortificazioni; alle quali lavoravano popolarmente gli uomini e le donne. E nondimeno, non pretermettendo di intrattenere con le solite arti i franzesi, avevano nel consiglio di tutto il popolo sottomessa la cittá al re; della quale dedizione mandorono instrumenti publici non solo a Beumonte ma eziandio a Filippo di Ravesten, governatore regio in Genova, che temerariamente l’accettò in nome del re. E avendo Beumonte mandato in Pisa uno araldo a dimandare la terra, gli risposono non avere maggiore desiderio che vi-