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erano necessitati a pensare rimedio a maggiori pericoli. Perché essendosi svegliato in Pandolfo e in Giampaolo l’antico umore, trattavano secretamente col cardinale de’ Medici di turbare lo stato de’ fiorentini; facendo il fondamento principale in Bartolomeo d’Alviano, il quale dimostrandosi discorde col gran capitano, venuto in terra di Roma, riduceva a sé con varie speranze e promesse molti soldati. I quali consigli si dubitava non penetrassino insino al cardinale Ascanio, con ordine, succedendo felicemente le cose di Toscana, di assaltare, con le forze unite de’ fiorentini e degli altri che assentivano a questo movimento, il ducato di Milano, sperando che assaltato facesse facilmente mutazione, per le poche genti d’arme che vi erano de’ franzesi, perché fuora erano moltissimi nobili, per la inclinazione de’ popoli al nome sforzesco, e perché il re di Francia, essendosi per grave infermitá sopravenutagli ridotto tanto allo stremo che per molte ore fu disperata totalmente la sua salute, se bene dipoi si fusse alquanto discostato dal punto della morte, pareva in modo condizionato che poco si sperava della sua vita. E quegli che consideravano piú intrinsecamente sospettavano che Ascanio, il quale era in questi tempi frequentato molto in Roma dallo oratore viniziano, avesse occulta intelligenza non solo col gran capitano ma ancora co’ viniziani; i quali sarebbono stati piú pronti che per il passato e con maggiore confidenza all’offesa de’ franzesi, perché il re di Francia, essendo venuto in nuovi sospetti e diffidenze col re de’ romani e col figliuolo, e considerando, dopo la morte della reina di Spagna, quanta sarebbe la grandezza dell’arciduca, alienatosi apertamente da loro, aiutava contro all’arciduca il duca di Ghelleri acerrimo inimico suo, e inclinava a fare particolare intelligenza col re di Spagna. Ma (come sono fallaci i pensieri degli uomini e caduche le speranze) mentre che tali cose si trattano, il re di Francia del quale era quasi disperata la vita andava continuamente recuperando la salute, e Ascanio morí all’improviso di peste in Roma. Per la morte del quale essendo cessato il pericolo dello stato di Milano, non si interroppono perciò del tutto i