Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/181

Da Wikisource.

libro settimo ‐ cap. iii 175

esterni ora ridotta in assoluta subiezione de’ pontefici, e ultimatamente ritornata, a tempo di Niccolao quinto pontefice a ubbidienza della Chiesa, ma con certe limitazioni e comunioni di autoritá tra i pontefici e loro, che restando in progresso di tempo il nome e le dimostrazioni a’ pontefici, l’effetto e la sostanza delle cose era pervenuta in potestá de’ Bentivogli. De’ quali quel che al presente reggeva, Giovanni, avendo a poco a poco tirato a sé ogni cosa, e depresse quelle famiglie piú potenti che erano state favorevoli a’ maggiori suoi e a lui nel fondare e stabilire la tirannide, grave ancora per quattro figliuoli che aveva, la insolenza e le spese de’ quali cominciavano a essere intollerabili, e però diventato odioso quasi a tutti, lasciato piccolo luogo alla mansuetudine e alla clemenza, conservava la sua potenza piú con la crudeltá e con l’armi che colla mansuetudine e benignitá. Incitava il pontefice a queste imprese principalmente l’appetito della gloria, per la quale, pretendendo colore di pietá e zelo di religione alla sua ambizione, aveva in animo di restituire alla sedia apostolica tutto quello che in qualunque modo si dicesse essergli stato usurpato; e lo moveva piú particolarmente alla recuperazione di Bologna odio nuovo contro a Giovanni Bentivoglio, perché essendosi, mentre non ardiva stare a Roma, fermato a Cento terra del vescovado suo di Bologna, se n’ebbe di notte subitamente a fuggire perché ebbe avviso (o vero o falso che e fusse) che egli ordinava, a instanza del pontefice Alessandro, di farlo prigione.

Fu grata molto al re questa richiesta del pontefice, parendogli avere occasione di conservarselo benevolo, perché sapendo essergli molto molesta la congiunzione sua co’ viniziani cominciava a temere non poco che egli non facesse qualche precipitazione; e giá non era senza sospetto che certa pratica tenuta da Ottaviano Fregoso per privarlo del dominio di Genova fusse con sua partecipazione: e oltre a questo riputava che il Bentivoglio, se bene fusse sotto la sua protezione, avesse maggiore inclinazione a Cesare che a lui. Aggiugnevasi lo sdegno suo contro a Giampaolo Baglione per avere ricusato,