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in qualche luogo le ragioni dello imperio, ma per spogliare la Germania della degnitá imperiale, stata acquistata e conservata con tanta virtú e con tanta fatica da’ nostri maggiori. A tanta audacia lo incita non l’essere accresciute le forze sue, non l’essere diminuite le forze nostre, non l’ignorare quanto sia senza comparazione piú potente la Germania che la Francia, ma la speranza, conceputa per l’esperienza delle cose passate, che noi abbiamo a essere simili a noi medesimi, che in noi abbia a potere piú o le dissensioni o la ignavia nostra che gli stimoli della gloria, anzi della salute; che per le medesime cagioni per le quali abbiamo con tanta vergogna tollerato che da lui sia occupato il ducato di Milano, che da lui siano nutrite le discordie tra noi, che da lui siano difesi i ribelli dello imperio, abbiamo similmente a tollerare che da lui ci sia rapita la degnitá imperiale, trasferito in Francia l’ornamento e lo splendore di questa nazione. Quanto minore ignominia sarebbe del nome nostro, quanto minore dolore sentirebbe l’animo mio, se e’ fusse noto a tutto il mondo che la potenza germanica fusse inferiore della potenza franzese! perché manco mi crucierebbe il danno che la infamia, perché almeno non sarebbe attribuito a viltá o a imprudenza nostra quel che procederebbe o dalla condizione de’ tempi o dalla malignitá della fortuna. E che maggiore infelicitá, che maggiore miseria, essere ridotti in grado che ci sia cosa desiderabile il non essere potenti! che abbiamo a eleggere spontaneamente il danno gravissimo, per fuggire, poi che altrimenti non si può, la infamia e il vituperio eterno del nome nostro! Benché, la magnanimitá di ciascuno di voi esperimentata tante volte nelle cose particolari, benché la ferocia propria e precipua di questa nazione, benché la memoria della virtú antica e de’ trionfi de’ padri nostri, terrore giá e spavento di tutte l’altre nazioni, mi dánno quasi speranza, anzi quasi certezza, che in causa tanto grave s’abbino a destare i bellicosi e invitti spiriti vostri. Non si tratta della alienazione del ducato di Milano, non della ribellione de’ svizzeri, nelle quali cause tanto gravi sia stata leggiera la mia autoritá, per l’affinitá che io avevo con Lodovico