Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/235

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libro settimo ‐ cap. xi 229

piú presto di tutto lo imperio e di quasi tutta la Germania che sua propria, e vedendosi le preparazioni del re di Francia potenti, e la nuova dichiarazione de’ viniziani, ciascuno stava sospeso, né ardiva, aiutandolo di quella cosa della quale aveva piú di bisogno, fare offesa sí grave al re di Francia; né le dimande di Massimiliano erano, nel tempo che si ebbe maggiore spavento di lui, state tali, che con la sua facilitá avessino indotto gli uomini a sovvenirlo. Perché e a ciascuno, secondo le sue condizioni, dimandava assai; e ad Alfonso duca di Ferrara, il quale pretendeva essere debitore a Bianca sua moglie della dote di Anna sua sorella, morta molti anni innanzi nel matrimonio di Alfonso, faceva dimande molto eccessive; e a’ fiorentini intollerabili: a’ quali il cardinale brissinense, che trattava a Roma le cose sue, essendogli da lui stata rimessa la pratica della loro composizione, aveva dimandato ducati cinquecentomila; la quale dimanda immoderata gli fece fermare in questa resoluzione di temporeggiare seco insino a tanto che de’ progressi suoi non si vedesse piú oltre, e nondimeno, avendo rispetto a non l’offendere, scusarsi col re di Francia, che dimandava le genti loro, non potergliene dare perché erano occupate nel guasto che con grande apparato si dava quello anno a’ pisani, e perché, avendo cominciato di nuovo i genovesi e gli altri vicini ad aiutargli, erano necessitati a stare continuamente preparati contro a loro. Però, non potendo Cesare aiutarsi, secondo aveva disegnato, de’ denari degl’italiani, perché solamente ebbe da’ sanesi seimila ducati, fece instanza col pontefice che almanco gli concedesse di pigliare centomila ducati i quali, riscossi prima in Germania sotto nome della guerra contro a’ turchi, ed essendo a questo effetto custoditi in quella provincia, non si potevano senza licenza della sedia apostolica in altro uso convertire; offerendo, che se bene non poteva sodisfare alle dimande sue di non passare in Italia con esercito, nondimeno che, come avesse restituiti nel ducato di Milano i figliuoli di Lodovico Sforza, il patrocinio de’ quali pretendeva, per farsi i popoli di quello stato piú favorevoli e manco esosa la passata sua, lasciate