Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/102

Da Wikisource.
96 storia d'italia

da se medesimo si era posto, fatta finzione che cosí ricercasse il duca d’Urbino e gli altri capitani, volle che andassino con le compagnie loro nello esercito: ma rispondendo essi non volere abbandonare la guardia della terra, tentò di mettere dentro con mille fanti Ramazzotto, ma gli fu dal popolo vietato l’entrarvi. Onde ínvilito maravigliosamente il cardinale, e ricordandosi essere in sommo odio del popolo il governo suo, e avere nella nobiltá molti inimici, perché non molto innanzi aveva (benché, secondo disse, per comandamento del pontefice) fatto, procedendo con la mano regia, decapitare tre onorati cittadini come fu notte, uscito occultamente in abito incognito per uno uscio segreto del palazzo, si ritirò nella cittadella: e con tanta precipitazione che si dimenticasse di portarne le sue gioie e i suoi danari: le quali cose avendo poi subitamente mandato a pigliare, come l’ebbe ricevute, se ne andò per la porta del soccorso verso Imola, accompagnato con cento cavalli da Guido Vaina marito della sorella, capitano de’ cavalli deputati alla sua guardia; e poco dopo lui uscí della cittadella Ottaviano Fregoso, non con altra compagnia che di una guida. Intesa la fuga del legato, si cominciò per tutta la cittá a chiamare con tumulti grandissimi il nome del popolo: la quale occasione non volendo perdere Lorenzo degli Ariosti e Francesco Rinucci, anche egli uno del numero de’ quindici capitani e seguace de’ Bentivogli, seguitandogli molti della medesima fazione, corsi alle porte che si chiamano di San Felice e delle Lame, piú comode al campo de’ franzesi, le roppono con l’accette, e occupatele mandorno senza indugio a chiamare i Bentivogli; i quali, avuti dal Triulzio molti cavalli franzesi, per fuggire il cammino diritto del Ponte a Reno, alla cui custodia era Raffaello de’ Pazzi uno de’ condottieri ecclesiastici, passato il fiume, piú basso, e accostatisi alla porta delle Lame, furno subitamente introdotti.

Alla ribellione di Bologna fu congiunta la fuga dello esercito: perché, alla terza ora della notte il duca d’Urbino, le genti del quale dal ponte da Casalecchio si distendevano insino alla porta detta di Siragosa, avendo, come si crede, intesa la