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libro decimo - cap. xvi 205

forze de’ quali erano molto diminuite: perché, poi che il generale di Normandia ebbe cassati i fanti italiani, non aveano oltre a diecimila fanti; ed essendo passate di lá da’ monti le genti d’arme che aveva richiamate il re, non rimanevano loro in Italia piú che mille trecento lancie, delle quali trecento erano a Parma. E nondimeno il generale di Normandia, facendo piú l’ufficio di tesoriere che d’uomo di guerra, non consentiva si soldassino nuovi fanti senza la commissione del re; ma aveano fatto ritornare a Milano le genti che, per passare sotto la Palissa in Romagna, erano giá pervenute al Finale, e ordinato che il cardinale di San Severino facesse il medesimo con quelle che erano in Romagna. Per la partita delle quali, Rimini e Cesena con le loro rocche e insieme Ravenna tornorono senza difficoltá all’ubbidienza del pontefice: né volendo i franzesi sprovedere il ducato di Milano, Bologna, per sostentazione della quale si erano ricevute tante molestie, rimaneva come abbandonata in pericolo.

Vennono i svizzeri, come furno congregati, da Coira a Trento; avendo conceduto loro Cesare che passassino per il suo stato: il quale, ingegnandosi di coprire al re di Francia quanto poteva quel che giá avea deliberato, affermava non poteva per la confederazione che avea con loro vietare il passo. Da Trento vennono nel veronese dove gli aspettava l’esercito de’ viniziani, i quali concorrevano insieme col pontefice agli stipendi loro: e con tutto non vi fusse tanta quantitá di danari che bastasse a pagargli tutti, perché erano, oltre al numero dimandato, piú di seimila, era tanto ardente l’odio della moltitudine contro al re di Francia che contro alla loro consuetudine tolleravano pazientemente tutte le difficoltá. Dall’altra parte, la Palissa era venuto prima coll’esercito a Pontoglio per impedire il passo, credendo volessino scendere in Italia da quella parte; dipoi, veduto altra essere la loro intenzione, si era fermato a Castiglione dello Striviere, terra vicina a sei miglia a Peschiera: incerti quali fussino i pensieri de’ svizzeri, o di andare come si divulgava verso Ferrara o di assaltare il ducato di Milano. La quale incertitudine