Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/227

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libro undecimo - cap. ii 221

quale doveva andare per stabilire amicizia tra Cesare e lui e per trattare la concordia co’ viniziani, e per mezzo dell’unione comune confermare la sicurtá di Italia dal re di Francia. Trattossi nella medesima dieta d’assaltare i fiorentini, facendone instanza, in nome suo e del cardinale, Giuliano de’ Medici, e proponendo facile la mutazione di quello stato per le divisioni de’ cittadini, perché molti desideravano il ritorno loro, e per occulto intendimento che (secondo affermava), v’aveano con alcune persone nobili e potenti, e perché i fiorentini, dissipata una parte de’ loro uomini d’arme in Lombardia, un’altra parte rinchiusa in Brescia, non aveano forze sufficienti a difendersi contro a uno assalto tanto repentino. Dimostrava il frutto che, oltre a’ danari che offeriva, risulterebbe della loro restituzione; perché la potenza di quella cittá, levata di mano di uno che dependeva interamente dal re di Francia, perverrebbe in mano di persone che, offese e ingiuriate da quegli re, non riconoscerebbono altra dependenza e congiunzione che quella de’ collegati: del medesimo in nome del pontefice si affaticava Bernardo da Bibbiena che fu poi cardinale, mandato dal pontefice per questa cagione, ma nutrito insieme co’ fratelli insino da puerizia nella casa de’ Medici. Era imbasciadore appresso a Gurgense Giovanvettorio Soderini giurisconsulto, fratello del gonfaloniere; al quale né dal viceré né in nome della lega era detta o dimandata cosa alcuna, ma il vescovo Gurgense, dimostrando questi pericoli, persuadeva a convenire con Cesare secondo le dimande fatte prima, e offerendo che Cesare e il re d’Aragona gli riceverebbono in protezione: ma lo imbasciadore, [non] avendo autoritá di convenire, non poteva se non significare alla republica e aspettare le risposte; né per lui né per altri si faceva instanza col viceré, né diligenza di interrompere le proposte de’ Medici. E nondimeno la cosa in se medesima non mancava di molte difficoltá: perché il viceré non aveva esercito tanto potente che, se non fusse necessitato, dovesse volentieri esperimentare le forze sue; e Gurgense, per impedire che i viniziani non recuperassino Brescia o facessino maggiori progressi, desiderava che