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libro undecimo - cap. vii | 249 |
che egli fusse squartato in servigio di colui dall’avolo paterno del quale il conte di Sarni suo padre era stato fatto decapitare. E faceva alle cose di Italia qualche momento l’essersi scoperta questa congiura, la quale aveva avuto origine da un frate mandato occultamente a Ferdinando dal duca di Ferrara: perché il re cattolico avendo giá inclinazione di sodisfare al pontefice, si accese molto piú per questo sdegno; in modo che comandò al viceré e all’oratore suo appresso al pontefice che, quando a lui paresse, voltassino l’esercito suo contro a Ferrara, non lo ricercando di altri danari che di quegli che fussino necessari a sostentarlo. Queste cose si feciono quello anno in Italia in Francia e in Ispagna.
VII
Seguita l’anno mille cinquecento tredici, non meno pieno di cose memorabili che l’anno precedente. Nel principio del quale, cessando l’armi da ogni parte, perché né i viniziani molestavano altri né alcuno si moveva contro a loro, il viceré andato con tremila fanti a campo alla rocca di Trezzo l’ottenne, con patto che con le cose loro partissino salvi quegli che vi erano dentro. Ma premevano gli animi di tutti i pensieri delle cose future, sapendosi che il re di Francia, essendo liberato dalle armi forestiere il regno suo, e preso animo dall’avere soldato molti fanti tedeschi e accresciuto non poco il numero dell’ordinanza delle lancie, niuna altra cosa piú pensava che alla recuperazione del ducato di Milano: la quale disposizione benché nel re fusse ardentissima, e desiderasse sommamente accelerare la guerra mentre che le castella di