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libro undecimo - cap. xv 293

d’arme e dumila fanti venuti da Trevigi sotto Giampaolo Baglione e Andrea Gritti; ed era il consiglio de’ capitani viniziani non combattere a bandiere spiegate in luogo aperto con gli inimici, i quali venivano verso Vicenza, ma guardando i passi forti e i luoghi opportuni impedire loro il camminare, a qualunque parte si volgessino. A questo effetto aveano mandato Giampaolo Manfrone, con quattromila comandati, a Montecchio; a Barberano per impedire la via de’ monti, cinquecento cavalli con molti altri paesani; e fatto occupare da’ villani tutti i passi che andavano nella Magna, fortificatigli con fosse con tagliate con sassi e con alberi attraversati per le strade. A guardia di Vicenza lasciò l’Alviano, con sufficiente presidio, Teodoro da Triulzi; egli col resto dell’esercito si fermò all’Olmo, luogo vicino a Vicenza a due miglia, in sulla strada che va a Verona: impedito talmente quel passo e un altro vicino, con tagliate e con fossi e con l’artiglierie distese a’ luoghi opportuni, che era quasi impossibile il passarlo. Cosí, impedito il cammino destinato verso Verona, era similmente difficile agli spagnuoli che camminavano lungo i monti allargarsi per il paese paludoso e pieno d’acque, difficile pigliare la via del monte, stretta e occupata da molti armati; in modo che, circondati dagli inimici quasi da ogni parte, alla fronte alle spalle e per fianco, e seguitati continuamente da moltitudine grande di cavalli leggieri, non aveano deliberazione se non difficile e molto pericolosa. Alloggiorono, sopravenendo la notte, da poi che alquanto fu scaramucciato, vicini a un mezzo miglio allo alloggiamento de viniziani; ove, consultato la notte i capitani quel che, intra tante difficoltá e pericoli, dovessino fare, elessono per meno pericoloso volgere le insegne verso la Magna, per ritornarsene per la via di Trento a Verona; benché, per la lunghezza del cammino e per la piccola guardia v’aveano lasciata, presupponevano quasi per certo che prima vi entrerebbono i viniziani. Cosí si mossono, in sul fare del dí, verso Bassano, voltando le spalle agli inimici, di che niuna cosa è piú spaventosa e piú perniciosa agli eserciti, e, ancora che camminassino ordinatamente, con tanto