Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/311

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libro duodecimo - cap. i 305

dotte seco. Dalla quale esperienza preso animo i capitani franzesi, si accostorono un altro dí con quantitá grande di vettovaglie per mettervele per la via medesima; ma gl’inghilesi presentendolo, e avendo fatto nuova fortificazione da quella parte, non gli lasciorono accostare, e da altra parte mandorono i loro cavalli e quindicimila fanti tedeschi per tagliare loro il ritorno: i quali tornando senza sospetto, e giá montati per piú comoditá in su piccoli cavalli, come furono assaltati si messono subito in fuga senza resistere; nel qual disordine perderono i franzesi trecento uomini d’arme, co’ quali fu preso il marchese del Rotellino, Baiardo, La Foietta e molti altri uomini nominati; ed era stato fatto anche prigione la Palissa ma fortuitamente si salvò. E si crede che se avessino saputo seguitare la vittoria si aprivano quel giorno la strada a pigliare il reame di Francia; perché indietro era restata una grossa banda di lanzchenech che aveva seguitato le genti d’arme, la quale disfatta, era di tanto danno all’esercito franzese che è certo che il re, quando ebbe la prima novella, credendo che questi medesimamente fussino rotti, disperato delle cose sue, e con lamenti e pianti miserabili, giá pensava fuggirsene in Brettagna: ma gli inghilesi, come ebbono messo in fuga i cavalli, pensando all’acquisto di Terroana, condusseno le insegne e i prigioni innanzi alle mura. Però, disperati i soldati che erano in Terroana essere soccorsi, né volendo i fanti tedeschi patire senza speranza insino all’ultima estremitá delle vettovaglie, convennono, salvi i cavalli e le persone de’ soldati, di uscirsi, se fra due dí non erano soccorsi, di Terroana. Né si dubita che l’avere tollerato l’assedio circa cinquanta dí fusse cosa molto salutifera al re di Francia.

Era, pochi dí innanzi, venuto personalmente nello esercito inghilese Massimiliano, riconoscendo quegli luoghi ne’ quali, ora dissimile a se medesimo, aveva, giovanetto, rotto con tanta gloria l’esercito di Luigi undecimo re di Francia. Nel quale mentre stette si governava ad arbitrio suo.