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fine venuti a Milano, se volevamo avere paura dello scontro degli inimici? Dove sarebbeno le magnifiche parole, le feroci minaccie usate tutto questo anno? quando ci vantavamo di volere di nuovo scendere in Borgogna, quando ci rallegravamo dello accordo del re di Inghilterra, della inclinazione del pontefice a collegarsi col re di Francia, riputando a gloria nostra quanti piú fussino uniti contro allo stato di Milano? Meglio era non avere avute questi anni sí onorate vittorie, non avere cacciato i franzesi d’Italia, essersi contenuti ne’ termini della nostra antica fama, se poi tutti insieme, ingannando l’espettazione di tutti gli uomini, avevamo a procedere con tanta viltá. Hassi oggi a fare giudicio da tutto il mondo se della vittoria di Novara fu cagione o la nostra virtú o [la] fortuna: se mostreremo timore degli inimici sará da tutti attribuita o a caso o a temeritá, se useremo la medesima audacia, confesserá ciascuno essere stata virtú; e avendo, come senza dubbio aremo, il medesimo successo, saremo non solamente terrore della etá presente ma in venerazione ancora de’ posteri, dal giudicio e dalle laudi de’ quali sará il nome de’ svizzeri anteposto al nome de’ romani. Perché di loro non si legge che mai usassino una audacia tale, né che mai conseguissino vittoria alcuna con tanto valore, né che mai senza necessitá eleggessino di combattere contro agli inimici con tanto disavvantaggio; e di noi si leggerá la battaglia fatta presso a Novara, dove con poca gente, senza artiglierie senza cavalli, mettemmo in fuga uno esercito poderoso e ordinato di tutte le provisioni e guidato da due famosi capitani, l’uno senza dubbio il primo di tutta Francia l’altro il primo di tutta Italia. Leggerassi la giornata fatta a San Donato, con le medesime difficoltá dalla parte nostra, contro alla persona d’uno re di Francia, contro a tanti fanti tedeschi: i quali quanto piú numero sono tanto piú sazieranno l’odio nostro, tanto maggiore facoltá ci daranno di spegnere in perpetuo la loro milizia, tanto piú si asterranno da volere temerariamente fare concorrenza nell’armi co’ svizzeri. Non è certo, anzi per molte difficoltá pare impossibile, che il viceré e le genti della Chiesa si unischino con noi: