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porta dal lato di dentro. Ma divulgandosi per l’esercito che per i ripari grandi fatti da’ franzesi sarebbe molto difficile con semplice assalto di espugnarla, mandorono i capitani due fanti di ciascheduna lingua ad affacciarsi alla rottura del muro; i quali, o occupati da troppo timore o da poca diligenza, o forse (come alcuni dubitorono) subornati da altri, riferirono restare dal muro battuto alla terra altezza di piú di cinque braccia, essere fatto dentro uno fosso profondo, e tali gli altri ripari che i capitani, diffidandosi di poterla espugnare altrimenti, determinorono che si facessino mine allato al muro rotto, che si tagliasse il muro contiguo con gli scarpelli e co’ picconi, per riempiere con quelle rovine il fosso che si diceva essere fatto di dentro e fare piú facile l’entrata: le quali opere come fussino condotte alla perfezione, che, aggiunti all’artiglieria che era nello esercito due cannoni i quali venivano da Mantova, si facesse un’altra batteria, ove il muro, distesosi per linea retta per lungo spazio, dalla parte destra della porta, volgendosi, fa angolo; al quale cantone, gittandosi in terra il muro, si potevano percuotere per fianco quegli che difendessino dal lato di dentro. Cosí, dalla parte dalla quale era stato battuto, si cominciò a lavorare una trincea e pochi dí poi un’altra, per gittare con le mine in terra il muro: ma andavano adagio le opere, sí perché, per avere avuto Prospero pensieri diversi, non erano ancora in campo tutte le provisioni necessarie a questi lavori, sí perché il terreno dove si cavava riusciva difficile e duro.

Alle quali opere mentre che si attende con intenzione di non assaltare la terra innanzi che l’opere fussino finite, Lautrech, il quale era tardato tanto a muoversi per la tarditá delle genti che venivano all’esercito, avendone giá insieme la maggiore parte, venne cinque miglia piú innanzi, pure lungo il fiume, avendo seco cinquecento lancie, circa settemila svizzeri, quattromila fanti che il dí medesimo avea condotto monsignore di San Valerio di Francia e, sotto Teodoro da Triulzi governatore de’ viniziani e Andrea Gritti proveditore, quattrocento uomini d’arme e quattromila fanti; e seguitavano