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il quale terminava il vigesimo sesto dí di giugno, non veniva soccorso tale che passasse per forza il fiume del Po o pigliasse una delle cittá dello stato di Milano nella quale fusse presidio; procurasse similmente che fusse abbandonato tutto quello che in nome del re si teneva nel ducato di Milano eccettuate da questa promessa le fortezze di Milano di Cremona e di Novara: per l’osservanza delle quali cose prestasse [quattro] statichi: restituissinsi nel caso predetto i prigioni da ciascuna delle parti, e a’ franzesi fusse conceduto il passare con l’artiglierie e robe loro sicuramente in Francia. Fatta la concordia e ricevuti gli staggi, l’esercito cesareo si mosse subito verso Genova; alla quale si accostò da due lati: il marchese di Pescara co’ fanti spagnuoli e italiani dalla parte del Codifaro, Prospero con le genti d’arme e co’ fanti tedeschi alloggiò dalla parte opposita di Bisagna.

Reggevasi la cittá di Genova sotto il governo del doge Ottaviano Fregoso, principe certamente di eccellentissima virtú, e per la giustizia sua e altre parti notabili amato tanto in quella cittá quanto può essere amato uno principe nelle terre piene di fazioni e nelle quali non è ancora del tutto spenta nelle menti degli uomini la memoria della antica libertá. Aveva soldati [dumila] fanti italiani, ne’ quali soli si collocava la speranza del difendersi, perché il popolo della terra, diviso nelle sue parti, con tutto che avesse intorno uno esercito tanto potente e mescolato di lingue tanto varie, risguardava oziosamente il progresso della cosa, con quegli occhi medesimi che era solito per il passato a riguardare gli altri travagli loro: ne’ quali, senza pericolo o danno di coloro che non prendevano l’armi, traportandosi l’autoritá publica di una famiglia in un’altra, non si vedeva altra mutazione che nel palagio ducale altri abitatori, altri capitani e soldati alla custodia della piazza. Accostato che fu l’esercito alla terra, cominciò subito il doge a trattare di concordia, mandato a’ capitani Benedetto di Vivaldo genovese; ma si raffreddò alquanto la pratica per la venuta di Pietro Navarra, il quale, mandato dal re di Francia con due galee sottili al presidio di Genova, entrò nel tempo