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per Roma don Carlo de Lanoi, destinato nuovamente, per la morte di don Ramondo di Cardona, viceré di Napoli, determinò, insieme con don Giovanni Manuel, che per tre mesi prossimi pagassino, ciascuno mese, lo stato di Milano ventimila ducati, i fiorentini quindicimila, genovesi ottomila, Siena cinquemila, Lucca quattromila: della quale tassa benché ciascuno esclamasse, nondimeno, per il timore che si aveva di quello esercito, fu necessario che fusse accettata da ciascuno; allegando essi essere cosa necessaria, perché dalla conservazione di quello dependeva la difesa d’Italia. Dopo il quale tempo fu rinnovata l’imposizione, ma di quantitá molto minore.

Nel quale stato delle cose, Italia oppressa da continui mali e spaventata dal timore de’ futuri maggiori, aspettava con desiderio la venuta del pontefice, come instrumento opportuno per l’autoritá pontificale a comporre molte discordie e provedere a molti disordini. Il quale, supplicandolo Cesare (che passato ne’ medesimi dí per mare in Spagna, e parlato in cammino col re di Inghilterra) lo aspettasse a Barzalona, dove voleva andare personalmente a riconoscerlo e adorarlo per pontefice, ricusò di aspettarlo: o dubitando per la distanza di Cesare, che ancora era nelle estreme parti della Spagna, non perdere tanto tempo che avesse poi a navigare per stagione sinistra, o per sospetto che Cesare non cercasse di fargli differire la passata sua in Italia o, come molti dissono, per non accrescere tanto l’opinione avuta di lui insino dal principio, che avesse a essere troppo dedito a Cesare, che gli difficultasse il trattare la pace universale de’ cristiani, come avea deliberato di volere fare. Passò adunque per mare a Roma, dove entrò il vicesimo nono dí di agosto con concorso grandissimo del popolo e di tutta la corte; da’ quali benché eccessivamente fusse desiderata la sua venuta (perché Roma senza la presenza de’ pontefici è piú tosto simile a una solitudine che una cittá), nondimeno questo spettacolo commosse gli animi di tutti, considerando avere uno pontefice di nazione barbaro, inesperto al tutto delle cose d’Italia e della corte, né almeno di quelle nazioni le quali giá per lunga conversa-