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mente non fusse convenuto col re di Francia. Da altra parte il viceré, avvicinandosi il duca di Borbone, il quale conduceva dell’Alamagna cinquecento cavalli borgognoni e seimila fanti tedeschi, soldati co’ danari del re de’ romani, era andato a Lodi, ove pensavano raccorre tutto l’esercito; riputando dovere avere esercito non inferiore agli inimici. Ma per muovere i soldati e per sostentargli non aveano né danari né facoltá alcuna di provederne, degli aiuti del pontefice e de’ fiorentini erano del tutto disperati, medesimamente di quegli de’ viniziani. I quali, dopo aver interposto varie scuse e dilazioni, aveano finalmente risposto al protonotario Caracciolo, oratore di Cesare appresso a loro, volere procedere secondo che procedesse il pontefice, per mezzo del quale si credeva che secretamente avessino convenuto col re di Francia di stare neutrali; anzi confortavano occultamente il pontefice a fare scendere in Italia agli stipendi comuni diecimila svizzeri, per non avere a temere della vittoria di ciascuno de’ due eserciti: cosa approvata da lui, ma per carestia di danari e per sua natura, eseguita tanto lentamente che molto tardi mandò in Elvezia il vescovo di Veroli a preparare gli animi loro.

Sollevò alquanto le difficoltá di Pavia la industria del viceré e degli altri capitani: perché mandati nel campo franzese alcuni a vendere vino, Antonio de Leva, avuto il segno, mandò a scaramucciare da quella parte; donde levato il romore, i venditori, rotto il vaso grande, corsono in Pavia con uno piccolo vasetto messo in quello, nel quale erano rinchiusi tremila ducati: per la quale piccola somma fatti capaci, i tedeschi della difficoltá del mandargli, stettono in futuro piú pazienti. E levò anche il fomento de’ tumulti la morte del capitano, proceduta in tempo tanto opportuno che si credette fusse stato, per opera di Antonio de Leva, morto di veleno. Nel qual tempo, o poco prima, il marchese di Pescara, andato a campo a Casciano, alla custodia della qual terra erano cinquanta cavalli e quattrocento fanti italiani, gli costrinse ad arrendersi senza alcuna condizione. Ma essendo venuto co’ soldati tedeschi il duca di Borbone, niuna altra cosa ritardava